(Genesi 32,24-31) Lattanzio - Aceb_PugliaBasilicata

Cerca
2006/2024 -  ANNO XVIII  19 dicembre  2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
Vai ai contenuti

Menu principale:

SERMONI
L'incontro/scontro con Dio segna le nostre vite


"Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino all'apparire dell' alba; quando quest'uomo vide che non poteva vincerlo, gli toccò la giuntura dell'anca, e la giuntura dell'anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E l' uomo disse: «Lasciami andare, perché spunta l'alba». E Giacobbe: «Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!» L'altro gli dis-se: «Qual è il tuo nome?» Ed egli rispose: «Giacobbe». Quello disse: «Il tuo nome non sarà più Giacob-be, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vin-to». Giacobbe gli chiese: «Ti prego, svelami il tuo nome». Quello rispo-se: «Perché chiedi il mio nome?» E lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata». Il sole si levò quando egli ebbe passato Peniel; e Giacobbe zoppicava dall' anca" (Genesi 32,24-31).

Attorno a questa misteriosa lotta di Giacobbe, sono state avanzate le spiegazioni più disparate. Ma, per poter comprendere questo raccon-to, bisogna innanzitutto partire dal contesto. Giacobbe si stava preparando a rivedere suo fratello Esaù, che aveva imbrogliato per ben due volte: la prima volta fu quando, approfittando della fame di Esaù, si fece vendere la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie e la seconda volta fu quando riuscì a ottenere con l’inganno, da suo padre, la benedizione che spettava al figlio maggiore, vestendosi con gli abiti di Esaù e approfittando del fatto che il vecchio Isacco era quasi cieco.
Di fronte a quest’ultimo imbroglio, Esaù era assetato di vendetta e Giacobbe fu costretto a fuggire a Caran, da suo zio Labano, laddove sposò prima Lea e poi Rachele, ebbe diversi figli e il Signore lo fece prosperare grandemente.
Dopo una ventina d’anni, il Signore ordinò a Giacobbe di ritornare nella sua terra, ma Giacobbe teme-va ancora la vendetta di suo fratello Esaù. Così, il patriarca pregò il Signore e s'incamminò pieno di paura verso Canaan con la sua numerosa famiglia: due mogli, due serve, undici figli, operai al suo servizio e bestiame. Giunti nei pressi di un torrente, Giacobbe fece passare tutti sull'altra riva e decise di rimanere da solo durante la notte per prepararsi in preghiera ad affrontare il grande pericolo a cui andava incontro (ricordiamo che anche Gesù, prima di affrontare la sofferenza della croce, si ritirò di notte nel Get-semani a pregare).
Possiamo immaginare lo stato d'animo di Giacobbe, il quale non sapeva se sarebbe sopravvissuto incontrando suo fratello. Mentre era immerso in questo stato d'animo di terrore, Giacobbe si ritrovò, durante la notte, a lottare contro una misteriosa figura che, alla fine del racconto, scopriamo essere una manifestazione di Dio.
La preghiera a volte può diventare un duro duello tra noi e Dio; uno scontro tra la nostra volontà e la volontà di Dio; una lotta tra le nostre forze, a cui non vogliamo rinunciare, e la forza di Dio. Il Signo-re, con la sua forza, potrebbe annientarci in un attimo e ridurci all' ubbidienza, ma Egli ci lascia lottare contro di Lui, affinché noi possiamo arrivare a capire per esperienza che la vera forza è in Lui e non in noi.
Questa è l'esperienza che vive Giacobbe durante quella notte. Infatti, il Signore lo lascia lottare con-tro di Lui e Giacobbe sembra te-nergli testa per tutta la notte, finché giunti quasi all'alba, quella figura misteriosa deve ritirarsi da Giacobbe prima di far giorno, perché nes-suno può vedere Dio faccia a faccia. E, così, dopo aver lasciato che Giacobbe gli tenesse testa, il Signore interviene e, con un solo tocco, gli sloga la giuntura dell'anca. Dopo questa lotta estenuante, Giacobbe rimarrà zoppicante per il resto della sua vita e il suo zoppicare sarà il segno tangibile che gli ricorderà sempre di essere stato toccato dal Signore.
Quando il Signore arriva a toccarci nel profondo dei nostri cuori, Egli lascia dentro di noi un segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare. Giacobbe, in seguito a questo suo incontro corpo a corpo con Dio, non sarà più quello di prima perché il suo incontro/scontro col Signore lo segnerà a vita.
Giacobbe aveva sempre contato sulla sua forza e sulla sua astuzia per avere la meglio su tutti. Ma quella notte si ritrova da solo a dover fare i conti con Dio...
Giacobbe lotta contro il Signore perché egli è abituato a contare su se stesso e non riesce a piegarsi neanche di fronte a Dio. Ma, alla fine, il Signore, col suo tocco po-tente, arriva a piegare Giacobbe, il quale si ritrova per la prima volta a confrontarsi con i suoi limiti umani e con la potenza del Signore.
Ora, ognuno di noi, come Giacobbe, ha i suoi punti forti a cui non vuole rinunciare: per alcuni potrà essere l'orgoglio, per altri la testardaggine, per altri ancora il desiderio di primeggiare o l'ostinazione a far-cela da sé e a non voler dipendere da nessuno ecc. Ma ecco che, dal momento in cui incontriamo il Si-gnore, comincia una vera e propria lotta interiore perché magari da una parte vorremmo affidarci a Lui, ma dall'altra continuiamo a voler contare sui nostri punti di forza a cui non vogliamo rinunciare.
Questa è una lotta che va affrontata se vogliamo approfondire il no-stro rapporto con Dio e con noi stessi. Se saremo disposti ad affrontare questa lotta, il Signore arriverà a piegarci al suo volere, toccandoci nel profondo di noi stessi e trasformandoci proprio come fu trasformato Giacobbe, il quale, da quel giorno, ricevette un nome nuovo: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto».
La vittoria di Giacobbe fu quella di non voltarsi indietro di fronte all'in-contro con Dio ma di affrontarlo appassionatamente fino a lasciarsi toccare nel corpo e nell'anima dalla presenza del Signore.
Ed è proprio questo che il Signore si aspetta anche da noi: Egli viene a noi, oggi, attraverso la sua Parola e desidera che noi lo affrontiamo co-me fece Giacobbe, senza voltargli le spalle. Non importa se questo in-contro sarà uno scontro: l'importante è che sia un incontro autentico, a viso aperto, perché di fronte al Signore non possiamo mentire; davanti a Lui non possiamo nascondere nulla, ma siamo chiamati a presentarci per quelli che siamo.
Noi siamo abili a nascondere per-sino a noi stessi quelli che siamo, ma, lottando con Dio, emerge finalmente ciò che siamo veramente: attraverso il nostro incontro/scontro col Signore, usciamo allo scoperto e, dinanzi a Dio, crolla ogni nostra barriera protettiva; cade giù ogni nostra maschera. E, così, senza più resistenze, possiamo finalmente es-sere trasformati dal nostro Signore proprio come Giacobbe fu trasfor-mato dalla propria lotta con Dio, ricevendo un nome nuovo. Il suo nome, infatti, da quella notte non fu più Giacobbe ma Israele.
Giacobbe in realtà aveva già conosciuto il Signore in passato per-ché gli si era manifestato a Bethel. Ma, soltanto quando arrivò ad af-frontare il Signore a tu per tu, la sua vita fu radicalmente trasforma-ta. Non basta aver vissuto un'esperienza episodica con Dio, bisogna arrivare a confrontarci col Signore, lasciando che Egli raggiunga l'intimità più profonda di noi stessi, per poter essere da Lui trasformati. Non importa quanto questo confronto serrato sarà duro o doloroso perché alla fine ne usciremo vincitori con un nome nuovo, un cuore nuovo e uno spirito nuovo.
All'inizio di questa storia, Giacobbe era tormentato dalla paura di subire la vendetta del fratello Esaù. La paura di Giacobbe dipendeva dal fatto che il patriarca continuava a contare sulle sue forze. Ma ecco che il Signore decise di entrare con potenza nella vita di Giacobbe con-sumando le sue forze umane tramite una estenuante lotta che lo rese zoppicante, affinché Giacobbe imparasse a contare non più sulle proprie forze, ma sulla potenza del Signore. Infatti, dopo che gli fu slogata la giuntura dell'anca, Giacobbe comprese che non poteva più con-tare su se stesso e da quel momento cominciò a desiderare la benedizione del Signore più di ogni altra cosa, dicendo: «Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!». E Dio benedisse Giacob-be cambiando il suo nome in Isra-ele: colui che lotta con Dio e vince.
Fu così che Giacobbe superò la notte della paura e da quel momento fu pronto ad andare incontro al fratello Esaù, contando non più sulla sua forza umana per tener testa a suo fratello, ma confidando sulla benedizione di Dio che lo avrebbe accompagnato verso il fratello proteggendolo da ogni male.
Bisogna prima aver vissuto un incontro profondo con Dio per poter essere poi capaci di anda-re incontro al nostro prossimo senza timore. Chi non ha anco-ra lottato a tu per tu con Dio, finisce per lottare contro il proprio prossimo per un nonnulla. Chi non si è ancora scontrato col Signore per vincere le paure che risiedono nel profondo del proprio essere, finisce per scon-trarsi col proprio prossimo trasferendo sugli altri le proprie paure.
Le nostre relazioni umane sono spesso animate dalla paura di essere feriti dagli altri e questa paura genera sospetti e diffidenze recipro-che, rendendo i rapporti sempre più tesi e conflittuali. Tutto questo suc-cede perché non abbiamo ancora fatto i conti con noi stessi e con le nostre fragilità umane che risiedono nel profondo dei nostri cuori.
Ora, soltanto un confronto serrato col Signore può far emergere le negatività che si nascondono dentro di noi, fino a renderci delle creature nuove, capaci di accogliere noi stessi per quelli che siamo e capaci di andare incontro agli altri senza più timori e diffidenze ma con uno spirito di fiducia.
Non rifuggiamo un confronto sempre più serrato col Signore e con la sua Parola che oggi riceviamo per mezzo di Gesù Cristo. L'incontro col Signore Gesù e con la sua verità non sempre è dolce, ma può anche essere burrascoso, come lo fu l'incontro vissuto da Paolo sulla via di Damasco. Infatti, come a Giacobbe fu slogata l'anca, così Paolo venne accecato. E come Giacobbe ricevette un nome nuovo, così an-che Paolo fu trasformato da persecutore di Cristo ad apostolo delle genti.
Il Signore Gesù vuole trasformare anche le nostre vite con la potenza della sua Parola per estirpare dai nostri cuori ogni paura e riempirli del suo amore. Perciò, non rifuggiamo l'incontro con Cristo: lasciamo che egli ci tocchi nel profondo dell' anima. E quando cominceremo ad avvertire la sua presenza, aggrap-piamoci al Signore con tutte le no-stre forze, facendo nostra la preghiera di Giacobbe: «Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!».
La lotta che oggi ci viene richiesta è quella di perseverare in questa preghiera: non accontentiamoci di un rapporto superficiale con Cristo. Lasciamo che egli tocchi il nostro cuore sempre più a fondo. E, allora, saremo anche noi delle persone nuove, finalmente pronte ad andare incontro agli altri per condividere con tutti (amici e nemici) la benedizione d'aver incontrato Dio faccia a faccia nella persona e nell'opera di Gesù Cristo, nostro unico Signore e Salvatore.

Venga lo Spirito di Dio su ognuno di noi, per liberarci da ogni timore e rimetterci in cammino al servizio di Gesù Cristo. Soffi su di noi lo Spirito di Dio per donarci la forza e il coraggio di lottare per la giustizia, per la pace e per la salvaguardia della creazione. Venga lo Spirito di Dio su di noi per spingerci a operare per il suo Regno.

Ruggiero Lattanzio 
(maggio 2023)
 
Torna ai contenuti | Torna al menu