John Smyth - Aceb_PugliaBasilicata

Cerca
2006/2024 -  ANNO XVIII  19 dicembre  2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
Vai ai contenuti

Menu principale:

 

John Smyth
a cura di Salvatore Rapisarda, pastore emerito

Guardiamo al 2009 come al 400° anniversario dell’inizio delle testimonianza battista. Il primo gruppo di credenti che sarà chiamato battista si formò in Olanda nel 1609. Si trattava di pochi credenti inglesi, usciti dalla chiesa anglicana per sfuggire ai rischi della persecuzione della chiesa di stato. Avevano una formazione puritana; erano desiderosi di vedere la chiesa purificata dai residui di cattolicesimo e di formalismo; aspiravano a dar vita ad una chiesa modellata secondo lo spirito e la lettera della Scrittura. In patria, disperando di essere ascoltati dalla chiesa d’Inghilterra, saldamente in mano al sistema episcopale e all’autorità regia, avevano cercato di dar vita
a delle comunità separate, dissidenti. Più tardi, alla luce delle persecuzioni, degli imprigionamenti e delle vessazioni (si legga John Foxe, The Book or Martyrs, 1563) subite da altri puritani dissidenti, avevano trovato appropriato incamminarsi per la via dell’esilio. Alcuni si fermarono in Olanda, da dove più tardi fecero ritorno in Inghilterra, altri, poi chiamati Padri pellegrini, proseguirono per le colonie del Nuovo Mondo.
Per la storia dei battisti, radicati in questo primo nucleo di esuli in Olanda, sarà il caso di fissare l’attenzione sul nome di John Smyth, il cui cognome si scriveva Smythe con relativa vocale tonica allungata nella pronuncia. Egli era il teologo del gruppo, con una preparazione accademica di tutto rispetto, una notevole esperienza di docente e di predicatore e una personalità vulcanica che lo spingeva continuamente alla ricerca. Smyth è passato alla storia, quasi in primo luogo, per essere stato l’uomo che si è autobattezzato. Ovviamente il gesto venne compiuto all’interno della comunità e dando così inizio a una comunità che rompe col battesimo degli infanti e dà inizio al battesimo dei credenti a seguito di ravvedimento e come confessione di fede.
Oggi, come allora, ci sarà sempre qualcuno che arriccerà il naso davanti al gesto di Smyth. Egli ricevette critiche anche durante la sua vita. A molte di queste diede puntuale risposta, ma più tardi si pentì del suo gesto e iniziò un dialogo con i Mennoniti, interrotto dalla sua morte. Si critica Smyth perché si pensa che ciascuno debba ricevere il battesimo da qualcuno battezzato prima di lui, dunque nessuno può arrogarsi il diritto di fare da iniziatore. C’è qui, tra l’altro, una difesa del concetto di successione. Smyth e i suoi compagni conoscevano queste considerazioni, ma si interrogavano sulla validità del battesimo di chi era stato battezzato del battesimo degli infanti. Ai loro occhi il battesimo ricevuto non era valido; non si ritenevano validamente battezzati perché non riconoscevano la chiesa anglicana come chiesa neotestamentaria, ma la giudicavano corrotta. Le rimproveravano un’eccessiva conservazione di modelli e formalismi di tipo cattolico, una forte gerarchizzazione sotto il potere congiunto del re e dell’episcopato, una prassi burocratica fatta di territori e di prebende, una mancanza di libertà per la coscienza dei singoli. A questi aspetti di tipo formale aggiungevano una motivazione di tipo intrinseco. Per loro il battesimo è valido se se avviene dopo un ravvedimento dettato dall’ascolto della parola del Signore e come testimonianza consapevole. Quanto alla successione nutrivano seri dubbi sulla sua attendibilità e credevano che il battesimo, come la Cena del Signore, siano atti che si compiono in ubbidienza al comandamento del Signore. Quel che ai loro occhi andava preservato era una chiesa rigenerata, anche a partire dal rito d’inizio, il battesimo appunto, e fedele al messaggio dell’Evangelo. Per questo decidono di sciogliersi come chiesa, indipendentemente dal battesimo o dai ministeri che esercitavano, e si ricostituiscono a partire dal battesimo. E’ a questo punto che Smyth chiede a Thomas Helwys, l’organizzatore del gruppo, di battezzarlo. Ma Helwys preferisce che sia Smyth, il teologo, a dare l’inizio. Così Smyth battezza Helwys e assieme battezzano tutto il resto della comunità.
Questi primi battisti avevano alle loro spalle il travaglio della Riforma del XVI secolo, filtrato attraverso l’esperienza della chiesa anglicana; conoscevano il calvinismo, vissuto con speciale zelo dai puritani, di cui tutti erano espressione; erano al chiaro sulla teologia del patto di tipo calvinista, che lega i membri della comunità alla fedeltà all’Evangelo. Ora col battesimo dei credenti fanno un passo in avanti tanto rispetto alla dottrina e alla prassi pedobattista quanto rispetto alla teologica del patto che non giungevano al gesto della chiesa primitiva, il battesimo: un gesto che vuole essere allo stesso tempo confessione di fede, rottura col passato, impegno di discepolato in un cammino senza compromessi e senza asservimenti.
Il 1609 è dunque l’inizio della testimonianza battista in Olanda. Da qui, nel 1611, Thomas Helwys ricondusse una parte della comunità in Inghilterra e così nacque il primo nucleo di “battisti generali” su suolo inglese. Credevano fermamente che Cristo è morto per tutti e che la salvezza è offerta in modo generale, da qui il nome, a chiunque crede. Dopo circa venti anni sarà attiva una nuova comunità di battisti, questa volta chiamati “particolari”. Credevano nella predestinazione. Dopo pochi anni sono già sette comunità a Londra. Daranno vita alla Prima confessione di fede dei battisti (1644), un gioiello che rimane una pietra miliare attraverso i secoli.




 
 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu