(Luca10:25-37) Lattanzio - Aceb_PugliaBasilicata

Cerca
2006/2024 -  ANNO XVIII  19 dicembre  2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
Vai ai contenuti

Menu principale:

SERMONI
 

SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI 2024

CHI E' IL MIO PROSSIMO?


Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso[5]». 28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo e vivrai». 29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e s’imbatté nei briganti, che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 32 Così pure un Levita, quando giunse in quel luogo e lo vide, passò oltre dal lato opposto. 33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. 36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» 37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa». 
(Luca 10, 25-37)

Nel brano scelto per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani di quest'anno un dottore della legge si rivolge a Gesù, chiedendogli: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù rispon-de chiedendo a sua volta al dottore che cosa sta scritto a riguardo nella Torah. Il dottore risponde a Gesù menzionando due comandamenti che insieme riassumono tutta la legge. Il primo comandamento rela-tivo all'amore verso Dio è tratto dal Deuteronomio (Dt 6,4-5). Il secondo, relativo all'amore verso il prossimo, è tratto invece dal Levitico (Lv 19,17-18). Gesù condivide la rispo-sta del dottore. Per Gesù infatti la nostra vita umana acquista il suo senso più autentico vivendola nell' amore verso Dio e verso il nostro prossimo. Una vita incentrata unicamente su noi stessi sarebbe sterile e vuota. Una vita aperta alla relazione con Dio e con gli altri è, invece, una vita pienamente vissuta, che è già di per se stessa vita eterna. Infatti, la vita eterna non è semplicemente una vita dal tempo infinito, ma una nuova qualità di vita fondata sull’amore. L’amore per Dio e per il prossimo è la doppia chiave che apre la porta verso la vita eterna, che possiamo vivere a partire da oggi in comunione con Dio e gli uni con gli altri.
   Non basta, però, conoscere questi due comandamenti: al sapere deve seguire il fare! Gesù, infatti, dice al dottore: «Hai risposto bene, fa' questo e vivrai» (Lc 10,28).
   Ma il dottore, sentendosi caricato di una responsabilità troppo grande, cerca una qualche giustificazione per togliersi di dosso un simile peso, chiedendo a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29).
   Questa domanda, al tempo di Gesù, non aveva ancora trovato una soluzione univoca. Per la legge mosaica era considerato prossimo il connazionale e lo straniero che abitava in mezzo al popolo d’Israele. Nel tardo giudaismo l’amore per gli stranieri fu poi ristretto ai proseliti che accoglievano la fede nel Dio d' Israele e osservavano la sua legge. Chi sarebbe il prossimo che dovrei amare come me stesso..?
   Questa domanda continua ancora oggi a sollecitarci come credenti in Cristo e come cittadini di questo mondo. È vero, noi riconosciamo al-meno teoricamente che qualsiasi essere umano è potenzialmente un nostro prossimo. Ma siamo effettivamente in grado di approssimarci a ogni genere di persona senz'alcun pregiudizio? Per esempio, un evangelico sa riconoscere in un cattolico un proprio prossimo da amare per quello che è e viceversa? Un cristiano sa riconoscere come proprio prossimo anche un musulmano? Un italiano sa vedere in un migrante un proprio prossimo con pari dignità? Chi è oggi il nostro prossimo?
   Nell'era delle comunicazioni digitali, ci ritroviamo ad avere relazioni virtuali con persone lontane e a non essere più in grado di entrare in relazione con le persone vicine che possiamo incontrare fisicamente al punto tale che lo psicanalista Luigi Zoja è arrivato a parlare della "morte del prossimo" inteso come essere umano che possiamo vedere, sentire e toccare. Oggigiorno abbiamo bisogno di superare l'idea astratta di prossimo, che si sta svuotando di significato, e di riappropriarci di un rapporto autentico con il nostro prossimo concreto. E abbiamo anche bisogno di superare un concetto generico di amore filantropico per recuperare la concretezza dell'amore cristiano verso il nostro prossimo, che è quell'amore che s'incarna nelle situazioni concrete della vita fino a farsi servizio. Questo è l'amore che Gesù ha praticato e che presenta nella parabola del Buon samaritano per spiegare al dottore che cosa significhi amare il prossimo come noi stessi.
   Con questa parabola Gesù capovolge la domanda posta in partenza dal dottore della legge, protesa a identificare chi è il mio prossimo e chi non lo è e, quindi, a classificare le persone in vicini, che sono tenuto ad aiutare, e lontani, che posso fare a meno di soccorrere. Per Gesù quello che conta chiedersi non è tanto quale categoria di persone possa rientrare tra chi mi è prossimo, ma di chi io sono chiamato a farmi prossimo. Gesù m'invita a far-mi prossimo di qualsiasi uomo o donna che incontro sul mio cammino e che ha bisogno di ricevere attenzione, cura e sostegno. L'amore cristiano verso il prossimo non si riduce, dunque, a un generico filantropismo verso il genere umano, ma è sempre un amore che s'incar-na nel servizio, offerto a esseri umani in carne ed ossa, con i quali bisogna entrare in relazione al fine di conoscere la loro realtà e comprendere i loro effettivi bisogni.
   Come esseri umani, siamo certamente tutti prossimi gli uni verso gli altri, non importa quale sia il nostro colore della pelle, la nostra nazionalità o il nostro credo religioso. Gesù, però, non si è limitato a insegnarlo tramite le sue parabole, ma l’ha mostrato concretamente con il proprio esempio di vita, accogliendo ogni genere di persona senza chie-dere a nessuno la carta d’identità etnica o religiosa.
   I padri della chiesa identificarono allegoricamente la chiesa del Signore nella locanda presso la quale il Buon samaritano, che è Cristo, affida il moribondo affinché riceva le cure adeguate, donando persino al locandiere il necessario per le cure. Ecco allora che questa parabola ci coinvolge tutti come chiese e come singoli cristiani. Ognuno di noi è chiamato infatti a manifestare l' amore di Cristo al mondo tramite il servizio verso il nostro prossimo nella chiesa e nel mondo con i doni materiali e spirituali che riceviamo dal Signore. Cattolici o protestanti siamo tutti chiamati a mettere da parte le nostre storiche separazioni per impegnarci insieme a testimoniare l'amore di Dio a questo mondo che continua a vivere nell'ingiu-stizia, nelle guerre e nella violenza come purtroppo avviene oggi in Israele e Palestina, in Ucraina e in tante altre parti del globo. Vogliamo allora proseguire il nostro cammino ecumenico convergendo tutti verso la persona di Gesù Cristo e la sua opera di salvezza per tutta l'umanità
 
Ruggiero Lattanzio (Parrocchia Maris Stella - Conversano 23 gennaio 2024 )

 
 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu