Non basta, però, conoscere questi due comandamenti: al sapere deve seguire il fare! Gesù, infatti, dice al dottore: «Hai risposto bene, fa' questo e vivrai» (Lc 10,28).
Ma il dottore, sentendosi caricato di una responsabilità troppo grande, cerca una qualche giustificazione per togliersi di dosso un simile peso, chiedendo a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29).
Questa domanda, al tempo di Gesù, non aveva ancora trovato una soluzione univoca. Per la legge mosaica era considerato prossimo il connazionale e lo straniero che abitava in mezzo al popolo d’Israele. Nel tardo giudaismo l’amore per gli stranieri fu poi ristretto ai proseliti che accoglievano la fede nel Dio d' Israele e osservavano la sua legge. Chi sarebbe il prossimo che dovrei amare come me stesso..?
Questa domanda continua ancora oggi a sollecitarci come credenti in Cristo e come cittadini di questo mondo. È vero, noi riconosciamo al-meno teoricamente che qualsiasi essere umano è potenzialmente un nostro prossimo. Ma siamo effettivamente in grado di approssimarci a ogni genere di persona senz'alcun pregiudizio? Per esempio, un evangelico sa riconoscere in un cattolico un proprio prossimo da amare per quello che è e viceversa? Un cristiano sa riconoscere come proprio prossimo anche un musulmano? Un italiano sa vedere in un migrante un proprio prossimo con pari dignità? Chi è oggi il nostro prossimo?
Nell'era delle comunicazioni digitali, ci ritroviamo ad avere relazioni virtuali con persone lontane e a non essere più in grado di entrare in relazione con le persone vicine che possiamo incontrare fisicamente al punto tale che lo psicanalista Luigi Zoja è arrivato a parlare della "morte del prossimo" inteso come essere umano che possiamo vedere, sentire e toccare. Oggigiorno abbiamo bisogno di superare l'idea astratta di prossimo, che si sta svuotando di significato, e di riappropriarci di un rapporto autentico con il nostro prossimo concreto. E abbiamo anche bisogno di superare un concetto generico di amore filantropico per recuperare la concretezza dell'amore cristiano verso il nostro prossimo, che è quell'amore che s'incarna nelle situazioni concrete della vita fino a farsi servizio. Questo è l'amore che Gesù ha praticato e che presenta nella parabola del Buon samaritano per spiegare al dottore che cosa significhi amare il prossimo come noi stessi.
Con questa parabola Gesù capovolge la domanda posta in partenza dal dottore della legge, protesa a identificare chi è il mio prossimo e chi non lo è e, quindi, a classificare le persone in vicini, che sono tenuto ad aiutare, e lontani, che posso fare a meno di soccorrere. Per Gesù quello che conta chiedersi non è tanto quale categoria di persone possa rientrare tra chi mi è prossimo, ma di chi io sono chiamato a farmi prossimo. Gesù m'invita a far-mi prossimo di qualsiasi uomo o donna che incontro sul mio cammino e che ha bisogno di ricevere attenzione, cura e sostegno. L'amore cristiano verso il prossimo non si riduce, dunque, a un generico filantropismo verso il genere umano, ma è sempre un amore che s'incar-na nel servizio, offerto a esseri umani in carne ed ossa, con i quali bisogna entrare in relazione al fine di conoscere la loro realtà e comprendere i loro effettivi bisogni.
Come esseri umani, siamo certamente tutti prossimi gli uni verso gli altri, non importa quale sia il nostro colore della pelle, la nostra nazionalità o il nostro credo religioso. Gesù, però, non si è limitato a insegnarlo tramite le sue parabole, ma l’ha mostrato concretamente con il proprio esempio di vita, accogliendo ogni genere di persona senza chie-dere a nessuno la carta d’identità etnica o religiosa.
I padri della chiesa identificarono allegoricamente la chiesa del Signore nella locanda presso la quale il Buon samaritano, che è Cristo, affida il moribondo affinché riceva le cure adeguate, donando persino al locandiere il necessario per le cure. Ecco allora che questa parabola ci coinvolge tutti come chiese e come singoli cristiani. Ognuno di noi è chiamato infatti a manifestare l' amore di Cristo al mondo tramite il servizio verso il nostro prossimo nella chiesa e nel mondo con i doni materiali e spirituali che riceviamo dal Signore. Cattolici o protestanti siamo tutti chiamati a mettere da parte le nostre storiche separazioni per impegnarci insieme a testimoniare l'amore di Dio a questo mondo che continua a vivere nell'ingiu-stizia, nelle guerre e nella violenza come purtroppo avviene oggi in Israele e Palestina, in Ucraina e in tante altre parti del globo. Vogliamo allora proseguire il nostro cammino ecumenico convergendo tutti verso la persona di Gesù Cristo e la sua opera di salvezza per tutta l'umanità
Ruggiero Lattanzio (Parrocchia Maris Stella - Conversano 23 gennaio 2024 )