“C'era un uomo chiamato Elcana che aveva due mogli: Anna e Peninna. Peninna aveva dei figli, ma Anna non ne aveva. Come ogni anno, Elcana salì al santuario di Silo. Dopo aver offerto un sacrificio, diede a Peninna la sua parte; ma ad Anna ne diede una doppia; perché amava Anna, benché il Signore l'avesse fatta sterile. Per questa stessa ragione, Peninna la mortificava continuamente; e Anna piangeva e non mangiava più. Elcana, suo marito, le diceva: 'Anna, perché è triste il tuo cuore? Per te io non valgo forse più di dieci figli?'. Anna allora si alzò e pregò il Signore piangendo a dirotto: 'O Signore, se hai riguardo all'afflizione della tua serva, donami un figlio maschio, e io lo consacrerò a te'. Il sacerdote Eli la osservava. Anna parlava in cuor suo e si muovevano soltanto le sue labbra, ma non si sentiva la sua voce; perciò Eli credette che fosse ubriaca e le disse: 'Va' a smaltire il tuo vino
da qualche altra parte!' Ma Anna rispose: 'No, mio signore, io sono una donna tribolata nello spirito e non ho bevuto vino né bevanda alcolica; stavo solo spandendo la mia anima davanti al Signore'. Ed Eli replicò: 'Va' in pace, e il Dio d'Israele esaudisca la preghiera che gli hai rivolta!' Nel corso dell'anno, Anna concepì e partorì un figlio, che chiamò Samuele; perché disse, l'ho chiesto al Signore”.
Non so quale sia la vostra esperienza e la vostra idea di preghiera. Per quel che mi riguarda, devo dire di non aver mai sentito qualcuno domandare: “Ehi, ma sei ubriaco?”, e l'altra persona rispondere “No, no, sto pregando!” Può essere descritto proprio così il dialogo tra il sacerdote Eli e la povera Anna, entrata nel tempio di Silo per pregare. Com'è potuto nascere un equivoco tanto paradossale?
Normalmente chi pregava nel santuario lo faceva ad alta voce, in modo che tutti potessero udire le sue parole. Anna, invece, nel fervore della sua orazione, apriva la bocca senza pronunciare alcun suono. Pregava in silenzio; i suoi dolori e le sue speranze in un sussurro. Questo era tanto inusuale per quei tempi da far pensare a Eli che Anna non articolasse le parole perché in preda a una forte sbornia. “Va' a smaltire il tuo vino altrove”, le dice sprezzantemente. Che vergogna per Anna! Ma, pensandoci bene, anche che vergogna per Eli: accusare una povera donna di ubriachezza nel luogo santo! Anna però è abituata alle umiliazioni e alle cattiverie. Ne ha subite molte da Peninna, l'altra moglie di Elcana, suo marito. Peninna aveva dato dei figli ad Elcana; Anna, no perché era sterile. E per questo, Peninna, anno dopo anno, mortificava Anna, tanto che Anna piangeva e non mangiava più. La risposta di Anna ad Eli viene dunque da una persona piena di amarezza, ma per nulla rassegnata: “No, mio signore – dice al sacerdote-, io sono una donna tribolata nello spirito e non ho bevuto vino né bevanda alcolica, ma stavo solo spandendo la mia anima davanti al Signore”. Anna porta su di sé un fardello pesante e lo vuole deporre davanti al suoSignore. Gli apre la sua anima, il suo cuore. Anna prega per avere un figlio. Cosa possiamo imparare da questa storia? Almeno tre cose. La prima è: rispettiamo sempre le persone che pregano, per quanto strano, bizzarro o inaccettabile ci sembri il loro comportamento. Non è un consiglio banale. Le tradizioni cristiane hanno infatti sviluppato forme di preghiera così diverse, da poter essere motivo di scandalo per gli uni o per gli altri proprio come Anna lo è stato per Eli. Tuttavia, anche se scorgiamo nel modo di pregare dell'altro una teologia che per noi è inaccettabile – e molto facilmente può essere così –,
rispettiamo comunque chi sta pregando perché, se non sta semplicemente compiendo un atto formale, allora sta aprendo il suo cuore a Dio. E di questo svelamento di sé al Signore, si deve sempre avere rispetto. La seconda cosa che possiamo imparare è che pregare spesso significa saper attendere. Anno dopo anno Elcana e le sue mogli salivano al santuario; anno dopo anno Peninna tormentava Anna; anno dopo anno Anna ripeteva la sua preghiera; anno dopo anno Dio sembrava rimanere sordo alla richiesta di Anna. E tuttavia, lei continua a pregare: eccola ancora una volta lì a Silo, a spandere la sua anima davanti a Dio. Non è solo una questione di testardaggine. E' che il popolo di Dio è sempre in attesa. C’è la consapevolezza che qualcosa non va nelle cose così come stanno. Che qualcosa dovrebbe succedere. E che Dio è all’opera per cambiare la realtà: lo pensiamo, lo speriamo. E per questo ci mettiamo in attesa – anno dopo anno dopo anno. Saper attendere è una forma di
fedeltà. L'ultimo punto riguarda Eli, il sacerdote, che, diciamolo francamente, in questa storia non fa una bella figura. Non sa capire le intenzioni profonde di Anna, e non le dà un grande aiuto. Forse perché Anna era alla ricerca di benedizione, mentre i luoghi della religione e i loro ministri spesso sanno offrire al massimo consolazione. C'è una differenza tra consolare e benedire. Elcana, per esempio, sa di poter offrire alla moglie solo la consolazione delle sue gentilezze. Durante il pasto al santuario le offre una doppia razione di cibo. Quando vede che non mangia, le dice: Anna, perché il tuo cuore è triste? Non sono io per te più di dieci figli? No: non lo sei! Anna non cerca le gentilezze del marito. Neppure vuole il conforto della religione. Vuole sentirsi benedetta da Dio: vuole sentire Dio agire in lei. Ci sono persone a cui basta essere consolate. Persone che vanno dal pastore, dal prete, per avere qualcuno che le aiuti a deporre le loro ansie, per un momento. E poi, tornare alla loro solita vita, per nulla cambiata, solo un po' alleggerita. Anna non vuole una vita più leggera. Vuole una vita cambiata, toccata dalla mano di Dio. Ricordo in una chiesa in cui sono stato pastore, una signora sudamericana che ogni domenica, prima del culto, si sedeva su una panca e iniziava a pregare e a piangere, piangere dirottamente. La prima volta ho pensato che le fosse successo qualcosa. Ma non era così: stava solo spandendo la sua anima davanti a Dio. Non ho mai saputo quale fosse il suo cruccio – non me l'ha mai detto. Semplicemente ogni domenica mi sedevo accanto a lei, in silenzio, mentre pregava e piangeva. Sono stato un po' Eli anch'io!
Alla fine, però, anche una persona inadeguata come Eli sa dire la cosa giusta. Pronuncia una parola che indirizza Anna verso la benedizione tanto cercata: “Va' in pace – dice finalmente ad Anna - e il Dio d'Israele esaudisca la preghiera che gli hai rivolta!” Io non ti conosco – non so chi sei tu che stai ascoltando. Non conosco i tuoi dolori e le tue speranze; se vuoi che Dio cambi la tua vita; se senti il desiderio di spandere la tua anima davanti a Dio. Quello che so è che, qualunque siano i tuoi sogni e le tue speranze, queste parole sono anche per te: “Va' in pace, e il Dio d'Israele esaudisca la preghiera che gli hai
rivolta!” Amen.
(Culto evangelico -18 ottobre 2015)