7° incontro di preghiera - Aceb_PugliaBasilicata

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2006-2024  ANNO XVIII    12  luglio 2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
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DICHIARAZIONE PER AFFERMARE LA PRESENZA E LA TESTIMONIANZA CRISTIANA NEL MEDIO ORIENTE

I Cristiani continuano ad avere fede
I cambiamenti politici profondi che hanno investito il Medio Oriente e il Nord Africa a cominciare dal 2011 a seguito di sommosse popolari (insurrezioni, rivolte), hanno portato con sé la speranza di sistemi politici basati sui diritti umani e sulla giustizia. I semi di una trasformazione irreversibile sono stati seminati. Tuttavia, in diversi Stati gli sforzi verso una trasformazione politica sono stati rigettati, minando così la richiesta di riforme pacifiche. Piuttosto rapidamente vaste aree del Medio Oriente e del Nord Africa hanno ceduto a violenti scontri di tipo settario, etnico e tribale, e il movimento riformista è stato distratto dal radicalismo politico e dall’intolleranza religiosa. Questo ha portato ad una catastrofe umanitaria molto ampia. In questa situazione critica, la comunità cristiana mondiale desidera manifestare la propria solidarietà con tutti i popoli del Medio Oriente che stanno lottando per una società giusta e pacifica, e al tempo stesso afferma che la presenza continua dei cristiani in questa regione è indispensabile per favorire comunità caratterizzate da pluralità e diversità, e si impegna ad accompagnare tutti nella costruzione di società civili democratiche.

La X Assemblea del WCC, nell’incontro del 30 ott. – 8 nov. 2013 a Busan, Repubblica della Corea, quindi:
Riconferma
che i cristiani nel Medio Oriente detengono in un modo unico e tangibile l’eredità dell’età apostolica, preservando la Chiesa vivente nella sequela di nostro Signore. Il sostegno, spirituale e materiale, di queste comunità cristiane preserva la continuità della presenza cristiana a beneficio di tutti i cristiani e di tutte le persone in quella regione e nel mondo.
Considera gli eventi in corso nei vari paesi del Medio Oriente come un processo irreversibile che porterà a cambiamenti nei sistemi di governo, e spera in un futuro di giustizia, pace e stabilità, di diversità culturale e comunità caratterizzate da pluralità.
Prega che i cristiani, specialmente quelli nella regione in questione, mantengano la loro speranza anche in queste situazioni di estrema criticità, e che questi eventi possano essere un’opportunità per un cambiamento in positivo di queste società e per una democrazia partecipata;
Incoraggia tutte le persone in questa regione, cristiani compresi, ad iniziare delle attività che mettano in discussione l’abuso delle autorità e che rifiutino la corruzione, continuando a sostenersi a vicenda nello sforzo comune di costruire società civili democratiche, basate sulla legge, sulla giustizia sociale e sul rispetto dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa e di coscienza;
Sostiene i cristiani in questa regione nel loro impegno a intraprendere un dialogo costruttivo con le altre comunità religiose e etniche in modo che la molteplice eredità dei loro paesi sia protetta ed assicurata;
Raccomanda che il WCC sostenga i programmi volti a rafforzare una presa di posizione a livello regionale e internazionale in collaborazione con i cristiani del Medio Oriente e dell’Africa del Nord;
 Chiama le chiese appartenenti al WCC ad esprimere la loro solidarietà con i cristiani e le chiese di questa regione, e con tutte le persone che stanno lottando per la giustizia e la pace, attraverso le seguenti azioni:
Sostenendo gli sforzi per rinforzare il MECC, in modo da permettergli di continuare ad essere il portavoce dei cristiani del Medio Oriente nel mondo, e una fonte affidabile di un’informazione oggettiva di base;
 Accompagnando i cristiani del Medio Oriente nell’elaborazione di una visione comune per questa regione;
Facilitando un pellegrinaggio responsabile nella regione;
Organizzando delle visite di solidarietà in consultazione con le chiese nella regione, restando in contatto attivo con esse;
Diffondendo del materiale educativo che rifletta accuratamente la geografia e la storia del Medio Oriente e le realtà delle chiese sorelle che si trovano lì;
Sviluppando programmi di scambio per facilitare la condivisione di esperienze, informazioni sulle relazioni e il dialogo interreligioso tra le chiese e le religioni; e
Sostenendo le chiese locali nel permettere alle donne, ai giovani e ai bambini di utilizzare e sviluppare le loro capacità, e nel creare opportunità per una loro partecipazione efficace nelle chiese e nella società.
Sollecita le agenzie collegate alle chiese e tutti i partner ecumenici a potenziare i loro sforzi nell’affrontare le necessità umanitarie in Siria e nei paesi limitrofi, concentrando gli sforzi umanitari nell’1) assistere i siriani a restare nelle loro comunità di casa, 2) alleviare le difficoltà dei profughi e delle comunità che li ospitano, 3) alleviare le difficoltà delle famiglie e delle comunità ospitanti nei paesi limitrofi, 4) assistere i rifugiati con l’obiettivo e l’intenzione di facilitare un ritorno alle loro comunità e alle loro case in Siria, e insistere affinché tutti i governi offrano un pieno accesso umanitario, perseguendo vie pacifiche nell’esercitare pressione per porre fine alle azioni di violenza;
Sollecita le Nazioni Unite, e la comunità internazionale, specialmente i paesi che sono nella posizione di poter esercitare un potere politico, di definire delle politiche che promuovano e ottengano una pace ampia insieme alla giustizia per tutte le persone di questa regione, e che moltiplichino ogni sforzo per far cessare la violenza e le azioni militari;
Rinnova l’invito alle Nazioni Unite a mettere in sicurezza e proteggere l’integrità dei luoghi sacri di tutte le religioni a Gerusalemme e renderli accessibili a tutti, così come a far cessare l’occupazione di Gerusalemme Est da parte di Israele;
Richiede il rilascio immediato dei due Arcivescovi di Aleppo, Sua Eminenza Boulos (Yazigi) Metropolita della Chiesa Ortodossa Greca di Aleppo e Alessandretta e Sua Eminenza Mor Youhanna Gergorios (Ibrahim) Metropolita della Chiesa Ortodossa siriana di Aleppo in Siria, sequestrati il 22 aprile 2013 mentre erano in missione umanitaria per negoziare il rilascio di due sacerdoti di Aleppo, come anche il rilascio di Padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato il 29 luglio 2013, e di tutti i prigionieri e i detenuti ingiustamente.

Dio onnipotente,
ascoltaci mentre ti imploriamo per la pace e la giustizia per i popoli e per la terra stessa. Donaci una patria dove l’acqua, la terra e le risorse siano rispettate e condivise da tutti.
Aiutaci a condividere il tuo amore con i nostri vicini e pianta i semi della tolleranza nelle nostre comunità.
Confortaci affinché le nostre anime siano guarite dalle ferite della guerra e dei conflitti.
Donaci la tua luce così che possiamo uscire dall’ombra della morte e dell’impunità.
Possa la tua giustizia scorrere nelle nostre terre come un torrente inarrestabile.
Insegnaci ad avere fiducia nella speranza che presto un giorno tutti possano vivere nella propria terra in pace e gioia.
Preghiera di apertura, X Assemblea del WCC, 30 ottobre 2013

Approvato

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DICHIARAZIONE SULLA ATTUALE SITUAZIONE CRITICA DI ABYEI NEL SUD DEL SUDAN

A seguito di una guerra civile durata 20 anni tra il nord e il sud del Sudan, dal luglio 2011 il Sudan e il neo costituito Sudan del Sud hanno subito una separazione difficile. Le dispute riguardanti la delimitazione delle frontiere e l’affiliazione dell’area ricca di petrolio di Abyei hanno minacciato di gettare i due stati di nuovo in guerra.
L’area di Abyei è una regione ricca di petrolio che attraversa i limiti del Sudan e del Sudan del Sud e viene vista come un ponte storico tra i due paesi. Quest’area del Sudan, grande quando circa la Jamaica, è tradizionalmente un territorio appartenente ai Ngok Dinka, che gli inglesi trasferirono nel 1905 dalla provincia di Bahr-al-Ghazal nel Sudan meridionale alla provincia di Kordofan nel nord. Inizialmente le lotte che caratterizzavano questa regione riguardavano la terra e i pascoli, che venivano reclamati sia dalle comunità dei Ngok Dinka che dei Misseriya. Con lo scoppio della Prima Guerra Civile sudanese (1956 – 1972), queste due comunità presero strade diverse, con i Misseriya e i Ngok Dinka che rispettivamente sostennero i ribelli del Nord e del sud Anyanya. Più recentemente questa disputa locale è sfociata in un conflitto politico più ampio tra due gruppi combattenti, che successivamente sono diventati il Sudan e il Sudan del Sud. A livello nazionale, comunque, la lotta ha riguardato le risorse naturali e la collocazione strategica dell’area in tempo di guerra. Dall’indipendenza, il Sudan sta rideterminando i suoi confini per guadagnare accesso alle risorse naturali e per privare il Sud del suo reddito. La scoperta di quantità commerciali di petrolio ad Abyei ha fatto rivendicare dei diritti per il controllo e lo sfruttamento.
Sono stati effettuati vari tentativi per risolvere i conflitti di Abyei. Il Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC) e la Conferenza di tutte le Chiese Africane (AACC) mediarono l’accordo di pace di Addis Ababa del 1972, che segnò la fine della prima guerra civile sudanese e incluse una clausola che prevedeva un referendum permettendo ad Abyei di scegliere se restare con il nord oppure unirsi al Sudan del Sud autonomo. Questo referendum non si tenne mai, portando così a tensioni e violenti incidenti e alla costituzione di un’unità Dinka nella ribellione di Anyanya II nel 1975. I Talks di Asmara del 1995 furono d’accordo nel lasciare ad Abyei la decisione se unirsi al Sudan del Sud o restare in Kordofan. Nel 2004 ad Abyei fu accordato lo status di "Amministrazione speciale" dal Protocollo sulla risoluzione del Conflitto di Abyei (Protocollo di Abyei) nell’ambito dell’Accordo di Pace (CPA) che concluse la seconda guerra civile sudanese. Nel 2005 furono stabiliti dei confini dalla Commissione per i confini di Abyei in un nuovo tentativo di risolvere la disputa di lunga durata. Le dispute e le violenze che seguirono l’istituzione dei confini portarono ad una revisione degli stessi da parte della Corte Permanente di Giustizia di The Hague nel 2009. Questa revisione da allora è stata confermata da tutte le parti coinvolte nella disputa. Come avvenuto con l’Accordo del 1972, l’Accordo di Pace del 2005 prevede un referendum per permettere ad Abyei di scegliere se restare con il nord o unirsi al Sudan del Sud autonomo, in modo da risolvere per sempre la disputa. Considerando che il referendum non si è mai tenuto, appare giustificato il fatto che le persone di questa area si sentano deluse. Le difficoltà ad effettuare il referendum di Abyei sono soprattutto conseguenti al fallimento di implementare pienamente l’Accordo del 2005, anche se l’accordo stabilisce esplicitamente i tempi e il processo per il referendum. Certamente, i Ngok Kinka di Abyei si sono sentiti molto più alienati quando il Sudan del Sud, con cui avevano combattuto il nord, hanno dichiarato l’indipendenza dal Sudan nel 2011. Frustrati e stanchi di aspettare, i Ngok Dinka hanno organizzato e registrato i votanti per il proprio referendum, che ha avuto luogo dal 27 – 29 ottobre 2013. I risultati hanno mostrato che il 99,9% dei votanti vogliono far parte del Sudan del Sud. La difficoltà, tuttavia, sta nel fatto che la votazione unilaterale dei Ngok Dinka non ha alcun peso legale, soprattutto perché sia il Sudan che il Sudan del Sud hanno fatto sapere che non riconosceranno i risultati. Questo significa anche che la comunità internazionale non riconoscerà i risultati.
La comunità dei Ngok Dinka è stata costretta ad optare per un referendum unilaterale poiché non ci sono altre possibilità. La città di Abyei è stata distrutta tre volte negli ultimi 30 anni. L’ultima distruzione ha avuto luogo il 21 maggio 2012, quando le forze amate del Sudan si sono impadronite della città e il Congresso Nazionale del partito sudanese ha sciolto l’amministrazione di Abyei. Il conflitto che è scoppiato nei giorni e nelle settimane successive ha ucciso più di 30 civili e fatto fuggire più di 60.000 persone. Nel giugno le Nazioni Unite hanno stanziato delle Forze di Sicurezza per Abyei (ISFA), composte da 1400 soldati etiopi. L’assassinio del presidente dei Ngok Dinka nel giugno 2013 è stato effettuato nonostante la presenza delle forze di pace dell’ONU. Questo ha convinto i Ngok Dinka che la protezione da parte della comunità internazionale non è garantita. Di conseguenza, hanno deciso di effettuare il referendum unilaterale quale ultima risorsa.

Il problema di Abyei, più di ogni altro conflitto non risolto, costituisce la causa più probabile di violenza tra i Dinka e i Misseriya. Questa violenza non resterebbe limitata a queste due comunità, ma potrebbe coinvolgere i due stati sovrani, il Sudan del Sud e il Sudan in una guerra tra due nazioni. Se questo dovesse accadere, tutte le conquiste di tipo democratico, politico ed economico conseguenti all’indipendenza del Sudan del Sud verrebbero meno, con tutte le implicazioni negative per la sicurezza regionale.     

La X Assemblea del WCC, nell’incontro del 30 ott. – 8 nov. 2013 a Busan, Repubblica della Corea, quindi:
Accoglie favorevolmente
la dichiarazione dell’Unione Africana del 21 ott. 2013, nella quale si esprime inquietudine per il ritardo da parte del Sudan nell’implementare gli accordi negoziati ed esorta i due paesi a riprendere le loro discussioni sulla situazione finale di Abyei;
Incoraggia l’Unione Africana ad accelerare la visita programmata da parte del suo Consiglio per la pace e la sicurezza ad Abyei per finalizzare i preparativi del referendum;
Sollecita i governi del Sudan e del Sudan del Sud, che hanno la responsabilità di assicurare lo svolgimento del referendum per Abyei concordato nel CPA, di assicurare che venga implementato al più presto;
Raccomanda al Sudan del Sud di aderire a tutte le decisioni prese nell’Accordo sponsorizzato dall’Unione Africana riguardante il referendum per Abyei. Ma senza la rispettiva aderenza da parte del Sudan, l’implementazione è gravemente pregiudicata; pertanto esorta il Sudan ad aderire all’Accordo suddetto, in modo che il referendum per Abyei concordato nel CPA possa svolgersi al più presto;
Sollecita la Comunità internazionale, in particolare i garanti del CPA, a impegnarsi nuovamente per la questione di Abyei come una questione di coscienza morale al fine di assicurare giustizia per gli abitanti di Abyei;
Sollecita gli Stati Uniti, l’Unione Africana e la Troika (Norvegia, Regno Unito, e USA) a fare ciò che è giusto per gli abitanti di Abyei: sollecitare il governo sudanese a implementare il processo per il referendum; e
Raccomanda alle chiese e alla comunità ecumenica internazionale a impegnarsi nuovamente per il referendum di Abyei e a fornire il sostegno morale e materiale necessario.

APPROVATO


 
 
 
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