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Accordo mondiale per battere l'evasione

Oltre sessanta Paesi si accordano per lottare contro l'evasione fiscale delle multinazionali 

08 ottobre 2015
Anne Michel
 
Un accordo politico tra 62 paesi contro l'evasione fiscale delle multinazionali, come Apple, Google o Amazon, che potrebbe costare a queste ultime tra i 100 e i 240 miliardi di dollari di imposte sulle società all'anno (da 89 a 213 miliardi di euro).

Contro l'ottimizzazione fiscale
L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha annunciato lunedì 5 ottobre di aver ottenuto un ampio consenso sul suo piano di lotta contro “l'ottimizzazione fiscale aggressiva” dei grandi gruppi, pratica che consiste nel ricorso ad artifici contabili per delocalizzare gli utili in paradisi fiscali in cui non hanno alcuna attività reale.
Battezzato BEPS, Base erosion and profit shifting (Erosione della base imponibile e trasferimento degli utili), questo piano concepito come una cassetta degli attrezzi contro gli abusi è il risultato di due anni di intense trattative diplomatiche. Sarà adottato ufficialmente dai ministri delle Finanze del G20 (i venti paesi più potenti) a Lima il 9 ottobre.

Autentico tour de force
L'accordo è molto ampio: tra i firmatari figurano grandi potenze economiche (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Germania, Francia), ma anche Paesi in via di sviluppo e ben noti centri offshore (Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo).
Un tale consenso è il risultato di un vero e proprio tour de force, tanto la questione dell'evasione fiscale delle imprese si scontra con interessi economici divergenti, tra paesi lesi e paesi beneficiari di un business fiscale che si avvale di eserciti di banche e di avvocati.
Tale questione va pure a cozzare contro l'ambivalenza delle grandi economie che accolgono sotto le loro ali bandiere di comodo finanziarie, come il Regno Unito (isole Vergini, isole Cayman, Jersey), o cercano di tutelare le loro industrie, come gli Stati Uniti, sotto la pressione delle lobby nel Congresso. Il lobbismo contro il BEPS è stato potente negli ultimi mesi.
“Abbiamo un accordo al quale due anni fa nessuno credeva! Nessuna delle quindici misure è stata svuotata del suo contenuto”, afferma Pascal Saint-Amans, direttore del Centro di politica e amministrazione fiscali dell'OCSE. “Non siamo così ingenui da pensare che l'evasione fiscale sia finita. Ma questo piano invertirà la tendenza”, prosegue.

Regolamentare i prezzi di trasferimento
“Finora”, argomenta Saint-Amans, “l'evasione fiscale era facilitata da norme fiscali inadeguate alla globalizzazione. Norme insostenibili che impedivano qualsiasi risanamento. Ebbene, noi cambiamo queste regole. Di fatto, armiamo la polizia!”
Nel concreto il BEPS contempla quindici misure, la maggior parte delle quali saranno applicate dal 2016 e si imporranno come nuove norme a livello mondiale. Le altre sono facoltative, ma il fatto che siano state incluse nel piano è il riconoscimento che gli Stati saranno legittimati ad applicarle.
Al primo posto tra le misure applicate da tutti: la regolamentazione dei “prezzi di trasferimento”, tecnica a cui le multinazionali ricorrono abusivamente, esportando utili realizzati nei paesi in cui hanno impianti di produzione e dipendenti verso territori a fiscalità zero.
Questa misura, sostenuta da Cina e India, bloccherà tali trasferimenti, reputa l'OCSE. Così, una società con 20.000 ricercatori a Palo Alto (culla della Silicon Valley) non potrà più delocalizzare i suoi utili alle Bermuda domiciliandovi tutti i suoi beni immateriali (marchi, brevetti, ecc.), ma impiegandovi appena 20 dipendenti. Gli utili saranno tassati lì dove il valore viene prodotto.

Neutralizzazione delle strutture ibride
Le altre misure messe in atto immediatamente da tutti sono: lo scambio automatico tra Stati di ruling, cioè accordi fiscali concessi dagli Stati, tra cui il Lussemburgo, alle multinazionali straniere; la localizzazione dei “licence box” (regimi fiscali privilegiati offerti alle società che sfruttano dei brevetti) là dove si trovano i loro ricercatori; l'obbligo per le imprese di dichiarare le loro attività paese per paese; e la regolamentazione del treaty shopping, tattica dell'investitore di stabilirsi in un paese per beneficiare di trattati fiscali vantaggiosi con altri paesi.
Sul fronte delle disposizioni facoltative figurano il rafforzamento delle normative CFC (Controlled Foreign Companies) che permettono agli Stati di tassare gli utili trasferiti dalle loro imprese residenti in paradisi fiscali e l'obbligo per le imprese di dichiarare la loro pianificazione fiscale. Tali obblighi esistono negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
In margine a tali misure gli Stati si impegnano anche a convergere sulla neutralizzazione delle strutture ibride, schemi artificiosi volti a ottenere deduzioni e crediti d'imposta, e la limitazione della deduzione degli interessi, secondo il modello tedesco.
Infine, il piano dell'OCSE si conclude con l'impegno di trattare i problemi posti dalla digitalizzazione dell'economia, al di là delle sole imprese tecnologiche. Le norme IVA saranno chiarite, la definizione di “stabile organizzazione” (che permette di individuare i redditi imponibili) modificata, al fine di regolare il caso Amazon.
Un “forum mondiale” sarà creato per seguire l'attuazione del BEPS e verificare che l'accordo politico venga effettivamente applicato e le riforme fiscali vengano effettivamente realizzate.
 
(da Le Monde; trad. it. G.M. Schmitt/voceevangelica.ch)
 
 
 
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