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Riforma numero 8 26 febbraio 2016 pagina 9 vita delle chiese


Bari Per accostarsi al pozzo della Parola occorre darsi tempo
 
Giovanni Arcidiacono
Giovedì 4 febbraio, in occasione delsuo 100° anniversario, la parrocchia del SS. Sacramento a Bari ha invitato la teologa e pastora battista Lidia Maggi a tenere una conferenza su: «La Parola di Dio. Il pozzo delle Scritture per la sete dell’uomo». Presentata alla comunità dall’amico sacerdote don Angelo Romita – che da alcuni decenni cura le relazioni ecumeniche tra cattolici, ortodossi e protestanti nell’ambito dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto – come profonda conoscitrice della Parola di Dio e divulgatrice delle figure femminili della Bibbia, trasmettendo leggerezza, bellezza e passione nella comprensione della parola di Dio, Lidia Maggi ha esordito illustrando con dovizia di esempi come bisogna leggere la Bibbia.
Per accostarsi al pozzo della Parola, bisogna darsi tempo. Solitamente la prima lettura lascia insoddisfatti e risulta superficiale. Poi c’è chi privilegia il Nuovo Testamento a scapito dell’Antico perché qui si trovano fatti, racconti, episodi intrisi di violenza, dimenticando che la Parola di Dio porta luce nella realtà della vita, che spesso è violenta. Poi ci sono quelli che del Nuovo Testamento prediligono solo i Vangeli.
 
La prima interpretazione è sempre quella sbagliata, o troppo superficiale. Proprio come Giovanni mostra nel suo Vangelo, i discorsi di Gesù si muovono sempre su due livelli del simbolo: il primo è sempre scandaloso e fuorviante, per chi non si dà il tempo necessario per capire. Bisogna entrare nella Parola non da «turisti», per una visita veloce e via, illudendosi di conoscere la parola di Dio esplorando solo alcuni episodi noti universalmente; e nemmeno da «minatori», in cerca della perla di saggezza buona per tutte le stagioni. La Scrittura non è un’antologia. I diversi libri, scritti da autori diversi e in tempi diversi, sono in perenne dialogo tra loro. Essa è il luogo della discussione: ascolto e risposta. Capirla veramente richiede una relazione stabile, un entrare in dialogo costantemente. Va letta e riletta: così come di una bella musica si ritorna ad ascoltarla e riascoltarla in momenti diversi della nostra vita, o come di una canzone si ritorna di nuovo a cantarla, così è della parola di Dio. Essa va ascoltata e riascoltata; va cantata e ri-cantata.
 
Imparare a cantare la Bibbia ci fa lettori adulti e consapevoli. Ci restituisce al rapporto con Dio, così come avviene nell’incontro di Gesù con la Samaritana. Il dialogo con Gesù non conduce all’adesione a una religione o a una Chiesa a cui assoggettarci per ritornarvi sempre ad attingere acqua. Il dialogo con il Signore fa davvero liberi. E non avremo più sete, perché noi stessi diventeremo sorgente zampillante di acqua viva per la vita eterna. Ed è proprio su questo episodio (Gv4, 1-41) che la teologa ha tenuto viva l’attenzione dei presenti, corredando lo sviluppo narrativo del dialogo tra Gesù e la donna anche con ricchissimi spunti di attualità, dove al giudizio è
sostituito l’amore: la donna samaritana non è giudicata da Gesù, ma amata.
Il pozzo di Giacobbe non è soltanto il luogo del fidanzamento dove i patriarchi hanno incontrato le loro mogli, ma qui è soprattutto il luogo in cui la donna samaritana è capace di ascoltare. Si pone in ubbidienza al primo atto della preghiera: «Ascolta Israele». Contrariamente a Nicodemo, dottore della legge che sceglie di incontrare Gesù di notte e che non sa ascoltare, la samaritana dà prova di conoscere le Scritture, ma soprattutto sa mettersi in ascolto.
 
Bisogna dare fiducia all’alterità della Parola, per incontrarla. Come è stato commentato, il dialogo vero non è mai lineare. A volte si spezza, diventa brusco. Come quando Gesù, improvvisamente, abbandona la disquisizione teologica su luogo di adorazione e messianismo e chiede alla donna di andare dal marito (cfr. v. 16). Si deve accettare la provocazione di lasciarsi coinvolgere fino in fondo. Lasciarsi scavare dentro, fino al pozzo della nostra vita, lì dove si trova l’acqua pura che zampilla per la vita eterna. In questo straordinario dialogo, per la prima volta, Giovanni mette il vertice dell’auto-rivelazione di Gesù: «Io-Sono» (v. 26). Come ha riportato il fratello Salvatore Schirone del Gruppo Ecumenico di Bari in un suo breve commento: «Molteplici gli spunti di riflessione offerti: l’acqua viva segno del battesimo, sigillo dell’alleanza con Dio; Samaria, terra lontana; la Samaritana, donna del dialogo teologico, della ricerca sincera della verità e della custodia della Parola (etimologia di Shamar, il verbo del “custodire”, comeMaria). Essere allora “custodi del pozzo di Giacobbe”, ecco l’augurio più bello che si possa rivolgere alla comunità del SS. Sacramento nel giorno del suo centesimo anno di vita».
 
 
 
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