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Landini, la coalizione è servita

Antonio Sciotto, ROMA, 14.3.2015

Fiom. «Non siamo un partito, ma siamo qui per unire tutti quelli che il governo ha diviso». Il leader delle tute blu Cgil presenta il suo nuovo soggetto. All’incontro con movimenti e associazioni, ma senza politici né stampa, c’erano anche studenti, avvocati e partite Iva. Con i distinguo di Libera e l’attacco frontale da parte del Pd

E così è nata: non in piazza, o con uno sciopero, ma con una discussione a porte chiuse. Lontano dalla stampa, «dal clamore dei media», come aveva precisato qualche giorno fa la stessa Fiom, invitando i soggetti della costituenda Coalizione sociale. E mostrando una certa allergia sia nei confronti dei politici che dei giornalisti.
Un netto distacco dall’apparato” — in altri ambienti si direbbe la “casta” — che il segretario dei metalmeccanici Cgil, Maurizio Landini, ha voluto rimarcare, proprio perché l’intento di questo nuovo soggetto è quello di riappro¬priarsi della politica: fin dalla base, dai movimenti e dalle associazioni, e ovviamente dai luoghi di lavoro. «Perché la politica non è una proprietà privata», come ha evidenziato nella famosa frase scritta in grassetto nella sua lettera di convocazione agli alleati.
Per l’ennesima volta Landini, aprendo i lavori poco dopo le 10,30 nella sala riunioni della Fiom nazio¬nale a Roma, ha ripetuto che «la coalizione sociale non vuole essere un partito e non vuole fare un partito». Anzi, come ha spiegato il costituzionalista Gianni Ferrara uscendo durante una pausa, ha detto che «chi pensa che siamo qui per fare un partito se ne vada a casa».
Questo non vuol dire che la Coalizione sociale non faccia politica, anzi: la fa nel senso più nobile del termine, e Landini cita l’articolo 2 della Costituzione, quello che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Unirsi, «coalizzarsi», è quindi un diritto e anche un dovere.
Unirsi, «unire quel che il governo ha diviso»: per questo, ripete Landini, «serve superare le divisioni, il frazionamento, le solitudini collettive e individuali e coalizzarsi insieme». È que¬sto, «lo spirito innovativo» su cui si fonderà la nuova coalizione sociale, «indipendente e autonoma», puntualizza ancora, ribadendo i concetti che aveva scritto nella sua lettera: per poter affermare una «visione nuova del lavoro, della cittadinanza, del welfare e della società».
Nel corso dei diversi interventi si traccia un possibile percorso, da fare insieme: con Libera, Arci, Emergency, ma anche Legambiente, Libertà e giustizia, il gruppo Abele. E ancora, la possibilità di coinvolgere le associazioni di freelance e partite Iva, come gli avvocati di Mga, i farmacisti, i dottorandi di ricerca. Chiaro che Landini vuole andare oltre il sindacalismo metalmeccanico di stampo classico, per coinvolgere i nuovi lavoratori, anche quelli che non si riconoscono come dipendenti.
Per tracciare un nuovo «Statuto dei lavoratori», a partire dall’elaborazione della stessa Cgil, ma non solo, e anche andare a un «referendum»: per «cancellare quello che delle leggi attuali non ci piace, come il Jobs Act». E per fare questo, «bisogna creare consenso, diffondere e coltivare una cultura dei diritti», e «lo possiamo fare solo se stiamo nelle fabbriche ma anche fuori». Dove serve la solidarietà: «Perché sempre più persone si avvicinano al sindacato dicendo che non arrivano alla fine del mese, e allora a queste persone noi dobbiamo dare risposte».
Non a caso la saldatura con i gruppi cattolici, e con associazioni come Emergency che assicurano l’assistenza sanitaria a poveri e immigrati. E poi i recenti riferimenti, tra il serio e il faceto, a papa Francesco. Allargare oltre il consueto steccato della sinistra, abbandonare i vecchi partiti che hanno perso, polverizzati da Renzi, Grillo, e Salvini. Bisogna dare un messaggio di «nuovo», al di là dei contenuti più solidi, e questo Landini lo sa bene.
Anche se ieri è arrivata una prima puntualizzazione di Libera, che ha spiegato che sì, partecipa e col-labora, ma che non entra in nessuna coalizione sociale: «Libera non partecipa a nessuna coalizione sociale», ha fatto sapere l’associazione di Luigi Ciotti in una nota. Libera specifica di aver soltanto raccolto l’invito a «incontrarsi per affrontare singole questioni di comune interesse». «Nel manifesto conclusivo di Contromafie, gli Stati generali dell’antimafia svolti a Roma nell’ottobre 2014 abbiamo indicato con chiarezza i dieci punti su cui siamo impegnati, come rete che raccoglie oltre 1.600 associazioni».

Lo scontro con i democratici
Come si può immaginare le peggiori stoccate sono venute dal Pd. Non solo l’entourage renziano, che ha parlato solo in serata: «Si conferma che l’opposizione di questi mesi era più politica che sindacale», dice il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini.
Ma i più acidi sono quelli dell’area riformista del Pd, che vedono togliersi potenziale ter¬reno sotto i piedi, mentre vorrebbero essere loro, pur in preda a un eterno amletismo, a interpretare la sinistra a sinistra del Pd (vedi i brillanti risultati sul Jobs Act). E così Roberto Speranza dice che «la parola scissione non esiste, non fa parte del vocabolario Pd», e che «la soluzione non può essere una nuova sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini, ma avere più sini¬stra nel Pd e nella nostra azione di governo». Molti aspettano fiduciosi.
Gli risponde Landini, che si dice «più attento ai contenuti che ai decibel»: «Il partito di mag¬gio-ranza, non tutti — aggiunge — ha votato la cancellazione dello Statuto dei lavoratori. Ma il partito, questo governo, non hanno mai avuto un mandato del popolo su un tale programma».
Porte aperte alla coalizione sociale dal Prc di Paolo Ferrero («Ottima notizia») e da Sel di Nichi Vendola: «È una necessità».
L’appuntamento sabato prossimo a Bolo¬gna per la manifestazione di Libera, e poi sabato 28 a Roma, in Piazza del Popolo.



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