Esodo 33,18-23 - Lattanzio - Aceb_PugliaBasilicata

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2006/2024 -  ANNO XVIII  19 dicembre  2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
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SERMONI

Fammi vedere la tua gloria!
 
 
"Mosè disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» Il Signore gli rispose: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del Signore davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà». Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere». E il Signore disse: «Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso; mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro; ma il mio volto non si può vedere»" (Esodo 33,18-23).

 
«Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». Che senso ha questa richiesta particolare che Mosè rivolse al Signore..? Mosè in realtà aveva già visto il Signore all'opera attraverso grandi prodigi. Dio, infatti, era inter-venuto con potenza per liberare il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto, mandando le dieci piaghe contro gli egiziani e aprendo le acque del mar Rosso. Egli era intervenuto nel deserto a favore del suo popolo assetato e affamato, facendo scaturire l'acqua dalla roccia e mandando le quaglie e la manna dal cielo. Inoltre, il Signore si era già manifestato a Mosè sul Sinai, scrivendo le tavole della legge con il suo dito... Eppure, Mosè non si accontenta di vedere miracoli, ma vuole vedere la gloria di Dio.
Egli desidera conoscere Dio nella sua più intima essenza. È questo il senso della preghiera che rivolge al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» (v. 18).
Non c'è richiesta più sublime che un credente possa rivolgere al Signore: vedere la sua gloria; sperimentare la sua maestosa presenza; conoscere tutta la sua magnificenza. Questo era anche il desiderio di Giobbe, il quale, mentre era oppresso da tante disgrazie, si affidava al Signore dicendo: «Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere. E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non quelli di un altro; il cuore, dal desiderio, mi si consuma!» (Gb 19,26-27).
 
Ora, se anche noi siamo consu-mati dalla fame di conoscere intimamente il Signore, come lo erano Mosè e Giobbe, possiamo fare nostra la preghiera che Mosè rivolse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!».
In un primo momento il Signore rispose a Mosè: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere» (v. 20). Nessuno può vedere il Signore faccia a faccia e sopravvivere alla sua maestosa presenza. La gloria del Signore è come lo splendore del sole: noi possiamo beneficiare dei raggi solari che c'illuminano e ci riscaldano, ma non possiamo avvicinarci troppo al sole senza essere bruciati. Allo stesso modo, nessuno può vedere direttamente la gloria di Dio e rimanere in vita.
Il racconto della caduta di Adamo ed Eva spiega in forma narrativa questa impossibilità umana di vedere Dio faccia a faccia. Infatti, in seguito alla loro disubbidienza, Adamo ed Eva si nascosero dalla presenza del Signore e furono poi messi fuori dal giardino di Eden, nel quale essi avevano vissuto in compagnia di Dio. L'essere umano, peccatore, non può più sopravvivere alla diretta presenza della santità di Dio. Pertanto, a causa del suo peccato, l'umanità non è più degna di vedere la gloria di Dio.
C'è anche un altro motivo per cui il Signore risponde a Mosè: «il mio volto non si può vedere» (v.23b). Questo divieto segue il racconto della costruzione del vitello d'oro che incontriamo nel capitolo precedente. Mentre Mosè era sul Sinai per ricevere dal Signore le Tavole della legge, il popolo, vedendo che tardava a scendere, cominciò a preoccuparsi che Mosè fosse morto. Così, decise di costruirsi come guida un idolo di metallo fuso. E tutti lo adorarono come un dio e gli offrirono sacrifici di ringraziamento, disubbidendo ai primi comandamenti che il Signore aveva inciso sulle Tavole di pietra. Il Signore vieta al suo popolo di farsi sculture o immagini da adorare perché Dio non può essere ridotto a delle rappresentazioni che lo delimitano in contorni ben precisi.
Il Signore sfugge a ogni tentativo umano di rappresentazione perché non vuole essere posseduto come un oggetto.
Il Signore dice dunque a Mosè che nessuno può vedere il suo volto perché nessuno può pretendere di afferrare appieno il volto di Dio fino a possederlo.
L'umanità ha sempre provato ad afferrare il volto di Dio, riducendolo entro i propri schemi e costruendosi, così, un dio su misura per il proprio uso e consumo: un dio bonario per chi vuole giustificare le sue nefandezze; un dio giustiziere per chi è assetato di vendetta; un dio razionale per i più intellettuali; un dio con la bacchetta magica per chi cerca miracoli... Ma il Signore non si lascia catturare da nessuno di questi schemi e, proprio per questo, rifiuta di essere raffigurato, dicendo a Mosè che nessuno può vedere il suo volto.
Allo stesso tempo, il Signore non lascia la preghiera di Mosè inesaudita, ma risponde al suo servo, dicendogli: «Ecco qui un luogo vici-no a me; tu starai su quel masso; mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro» (v. 21-23a).
Dio fa passare la sua gloria davanti a Mosè, il quale potrà guardarla soltanto da dietro, quando essa è già passata. Chiediamoci, allora, che cosa può significare vedere la gloria di Dio "da dietro".
In primo luogo la gloria di Dio ci precede sempre e noi possiamo vederla quando essa è già passata perché possiamo sperimentare sol-tanto gli effetti che il suo passaggio produce nella storia del suo popolo e nelle nostre storie personali.
Il Signore, infatti, descrisse a Mosè gli effetti del suo passaggio in questo modo: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del Signore davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà» (v. 19).
Anche noi, per quanto non ci sia dato di vedere il Signore faccia a faccia, possiamo sperimentare gli effetti del suo passaggio nelle no-stre vite quando, riflettendo sulle nostre vicende umane, ci rendiamo conto che la mano del Signore è rimasta su di noi per sostenerci: se siamo ancora qui, oggi, è proprio perché Lui ci ha fatto grazia e ha avuto pietà di noi. La gloria del Signore si è dunque manifestata nelle nostre vite, ma noi l'abbiamo vista soltanto di spalle, perché ci siamo resi conto del segno che ha lasciato su di noi quando ci è già passata davanti.
 
In secondo luogo noi possiamo vedere la gloria di Dio soltanto "da dietro" perché Essa è sempre da-vanti a noi per guidarci proprio co-me guidò l'antico popolo eletto. Noi rimaniamo dietro il nostro Signore per essere da Lui condotti e siamo chiamati a guardare avanti verso Colui che illumina il nostro cammino con la luce della sua gloria.
Mentre percorriamo i nostri de-serti esistenziali, come l'antico Israele percorreva il suo, il Signore rimane davanti a noi per dirigere i nostri passi. E anche se a volte non riusciamo a percepire la Sua pre-senza, noi riconosciamo per fede che Lui continua a guidarci con tutta la sua bontà e possiamo esprimere la stessa fiducia del salmista, che canta: «Quand'anche cammi-nassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Sl 23,4). Questa è l'intima fiducia che ci anima nel periodo incerto che stiamo attraversando. E con questa fiducia nei nostri cuori possiamo affrontare il nuovo anno che è davanti a noi.
 
Per concludere, per noi cristiani il Signore ha risposto alla preghiera di Mosè per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo. Mosè disse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». E Dio ci ha manifestato la sua gloria, incarnandola in Cristo.
Come è scritto nella Lettera agli Ebrei, il Figlio di Dio è «splendore della sua gloria e impronta della sua essenza» (Eb 1,3). E come è scritto nel Prologo del Vangelo di Giovanni, «la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre» (Gv 1,14).
Un giorno l'apostolo Filippo rivolse a Gesù una domanda simile a quel-la che Mosè rivolse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». Filippo disse: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8).  E Gesù rispose: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9).
Anche nella persona di Gesù, però, Dio non ci manifesta diretta-mente la sua gloria, ma ci permette di contemplarla soltanto "da dietro". La gloria di Dio in Cristo è, infatti, occultata dallo scandalo della croce.
Nel ministero di Cristo, descritto dai Vangeli, Dio fa passare davanti a noi tutta la sua bontà e ci mani-festa la sua grazia infinita, ma copre la sua gloria con l'ombra della croce. Soltanto chi guarda alla croce, alla luce della fede nella resurrezione, può intravedere all'opera la gloria di Dio. Ma prima bisogna passare attraverso la croce e ascoltare il grido disperato del crocifisso, che raccoglie in sé tutte le grida di questa umanità bisognosa dell'aiuto del Signore: «Dio mio, Dio, mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).
Come il Signore mise Mosè in una buca mentre passava la sua gloria, così Dio in Cristo entra con noi nella buca dell'occultamento della sua gloria per condividere il buio delle nostre esistenze fino alla morte di croce e per accompagnarci verso la speranza della resurrezione, quale manifestazione ultima della sua gloria.
Ora, in attesa della realizzazione di questa speranza certa, noi possiamo avere piena fiducia che il Signore è con noi e, per mezzo di Gesù Cristo, continua a calarsi tra i massi delle nostre vite, nelle nostre valli oscure. Ed è proprio lungo le crepe dei nostri dolori che Lui ci manifesta la sua presenza, facendosi vedere soltanto "da dietro", ossia manifestandoci la sua gloria nelle nostre croci e la sua potenza nella nostra debolezza.
Carissimi lettori, in qualsiasi situazione ci ritroviamo a vivere vogliamo rivolgere al Signore la stessa preghiera che Mosè gli rivolse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». E il Signore risponderà alla nostra preghiera come rispose a quella di Mosè: Egli farà passare anche su di noi tutta la sua bontà e ci farà grazia per mezzo di Gesù Cristo.
Quando ci sentiamo avviliti, disorientati o schiacciati dai pesi della vita, rivolgiamoci anche noi al Signore, come Mosè, dicendogli:
 
«Signore, fammi vedere
la tua gloria!
Manifestami la tua presenza! Mostrami che sei all'opera
nella mia vita!».

Ed Egli ci mostrerà il Cristo croci-fisso e risorto nel quale la gloria di Dio si è abbassata fino a noi, por-tando nel buio delle nostre vite l'unica vera luce di speranza.
Cristo sia dunque per ognuno di noi la luce che viene a illuminare le nostre ombre per manifestarci che Dio è all'opera anche nel buio delle nostre esistenze, nelle nostre sofferenze e nei nostri dolori.
Vogliamo allora glorificare il nostro Dio che in Cristo vuole ancora manifestarci la sua gloria, accompa-gnando le nostre vite con il sostegno del suo Spirito e con la guida della sua Parola.

Ruggiero Lattanzio (Baribattista n.130 Febbario 2023) 
 

 
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