Caravaggio prova a rappresentare nel suo dipinto la stessa scena che abbiamo letto nella Bibbia. Una scena che quasi conclude il capitolo 20 del Vangelo di Giovanni, nel quale vengono raccontate la scoperta del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, Simon Pietro e il discepolo che Gesù amava, l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena, la prima apparizione di Gesù ai discepoli in assenza di Tommaso e, infine, dopo otto giorni la seconda apparizione di Gesù ai discepoli in presenza di Tommaso. In questa successione di scene l’evangelista Giovanni ci racconta la risurrezione di Gesù.
Detto ciò, chi legge attentamente questo capitolo si rende subito conto che il personaggio di Tommaso è particolarmente importante, sia quando non c’è sia quando c’è. Infatti, è proprio intorno a questo discepolo che si muove tutta la storia. Il personaggio di Tommaso è importante, così come lo è il suo nome che tradotto dall’aramaico significa “gemello”. Tommaso è il nostro fratello gemello che dubita della veridicità della risurrezione di Gesù perché non ne ha fatto esperienza. Lui non c’era quando Gesù è apparso per la prima volta ai discepoli e ha il coraggio e l’onestà di dichiarare la sua incredulità e il suo scetticismo.
Tommaso è il nostro fratello gemello che abita dentro ognuno e ognuna di noi e che dubita dell’annuncio pasquale. In effetti, anche noi non c’eravamo quando Gesù è apparso ai discepoli. Sarà anche apparso, ma noi non c’eravamo! Come possiamo credere se nemmeno lo abbiamo visto?! Diceva il cardinal Martin: «Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa». Ecco che con questo racconto scopriamo di avere un fratello gemello incredulo dentro di noi che ha bisogno di più prove per credere.
In effetti, Tommaso ha bisogno di prove fisiche e concrete per credere. Ha bisogno di vedere ma soprattutto di toccare il corpo di Gesù. Più precisamente, ha bisogno di mettere il dito nel segno dei chiodi sulle mani di Gesù e di mettere la mano nell’altra ferita sul suo costato, altrimenti dice chiaramente che non crederà. Tommaso esprime la necessità di toccare le ferite di Gesù perché in esse si cela la vera identità del Maestro Crocifisso e poi Risorto. Tommaso ha bisogno di fare una sorta di autopsia sul corpo di Gesù per comprendere che quello che i discepoli raccontavano corrispondesse al vero.
Oggi è Pasqua e forse per molti di noi è altrettanto difficile credere che Gesù sia davvero Risorto. In fondo in fondo, è passato un altro anno ma i problemi del mondo non sembrano essere migliorati, anzi quasi quasi sembra che ogni anno la situazione peggiori: le guerre non finiscono, le morti in mare continuano, le calamità naturali sconvolgono intere popolazioni, la corsa agli armamenti e alla militarizzazione preoccupa sempre di più, i problemi che abbiamo nelle nostre famiglie continuano a farsi sentire, la nostra comunità tira avanti come può. In questa situazione, anche noi avremmo la necessità di toccare le ferite di Gesù per poter dire che davvero è Risorto. Anche noi vorremmo avere la certezza della sua esistenza. Anche noi vorremmo essere i protagonisti di quel quadro di Caravaggio per poter toccare la ferita nel costato di Gesù. Il nostro fratello gemello incredulo che ci abita ci spinge a cercare le prove concrete per alimentare la nostra fede in questo giorno di Pasqua.
Eppure, mi spiace darvi questa notizia, il quadro di Caravaggio non rappresenta fedelmente la scena evangelica. Infatti, se leggiamo con attenzione, Gesù appare all’improvviso ai discepoli nel segno della pace e invita Tommaso a toccargli le ferite, ma quest’ultimo non le tocca. Tommaso rinuncia ad avere la sua prova empirica della risurrezione. Ma che stranezza è questa?! Prima diceva che solamente toccando le ferite di Gesù avrebbe potuto credere e, adesso, che ne ha l’opportunità non lo fa?! Certo che no, semplicemente non ne ha più bisogno. Qualcosa è cambiato profondamente in lui. Tommaso ha capito che per credere non aveva davvero bisogno di toccare il corpo di Gesù, ma aveva bisogno lui di essere toccato dall’amore del Risorto. Gesù è tornato indietro proprio per lui, non per rimproverarlo per la poca fede dimostrata ma per colmare il vuoto dei suoi dubbi, per abbracciare la sua fragilità umana, per rivelarsi nelle sue ferite interiori.
Per credere non abbiamo bisogno di toccare il nostro Dio e avere le certezze fisiche di quanto ha sofferto per noi, come non abbiamo bisogno di possederlo o di oggettivizzarlo; piuttosto, fratelli e sorelle, abbiamo bisogno che Dio si riveli nelle nostre incertezze, nei nostri dubbi, nelle nostre domande, nelle nostre fragilità, nella nostra tristezza, nella nostra sfiducia, nelle nostre debolezze, nelle nostre mancanze, e ci riempi la vita con la sua presenza. Paradossalmente per credere non abbiamo bisogno che le nostre mani tocchino le ferite di Gesù, piuttosto abbiamo bisogno che Lui tocchi e guarisca le nostre ferite interiori. La fede nella risurrezione nasce dalla consapevolezza di questo tocco delicato di Dio a quel fratello gemello incredulo che risiede dentro di noi.
Da questo incontro straordinario scaturisce una delle confessioni di fede più belle e anche l’ultima del Vangelo di Giovanni: «Signore mio e Dio mio!». Tommaso capisce che il Risorto è tornato indietro apposta per lui e che in Gesù si cela Dio stesso. Tommaso capisce che il Signore è il suo Dio e non una bella favoletta che gli è stata raccontata dai suoi amici.
La confessione di Tommaso ci invita in questo giorno di Pasqua a confessare la nostra fede nel Dio che torna a manifestarsi nella nostra vita apposta per il nostro fratello gemello incredulo che ci prova a convincere che non è vero. Dio torna indietro apposta per lui per colmare il suo vuoto, il suo dolore, la sua tristezza, la sua sfiducia. Il nostro Signore e il nostro Dio non ci abbandona, ma chiede solamente al nostro fratello gemello incredulo di lasciarsi toccare e guarire da Lui, gli chiede solamente di fidarsi delle sue promesse.
In conclusione, permettetemi di rivolgermi direttamente al nostro fratello gemello incredulo che abita nei nostri cuori… tu - fratello gemello incredulo - che ti domandi se la risurrezione è vera; tu che ti domandi quando Gesù apparirà nella tua vita; tu che senti il vuoto per aver mancato l’appuntamento con il Risorto; tu che hai bisogno di toccare con mano Dio per credere… sappi che è proprio in questa tua necessità che il Signore viene a incontrarti oggi; sappi che non hai bisogno di una conferma tangibile per credere dal momento in cui il Signore torna apposta indietro per te e ti tocca con il suo amore; sappi che non si tratta di un Dio lontano, ma si tratta del tuo Dio; sappi che sarai beato se crederai di poter vivere una vita con il Risorto senza mai toccarlo e senza mai vederlo. Amen!