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Renzi l'iperberlusconiano
di Paolo Flores d'Arcais
Al
meeting di CL Matteo Renzi ha confessato pubblicamente di essere la
prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi. Dalla giustizia
all’informazione, dal lavoro alla riforma istituzionale, non c’è un solo
elemento della lobotomizzazione della democrazia tentata da Berlusconi
che Renzi non stia realizzando. Contro la quale ora ha però poco senso
indignarsi. Occorre invece riflettere sul perché le straordinarie
energie che l’antiberlusconismo aveva saputo suscitare nella società
civile non abbiano trovato adeguata espressione politica.
Se
si trattasse di omosessualità diremmo che è stato un coming out. Ma
trattandosi di un cattolico praticante, ed essendosi svolta in una
location che più cattolica non si può, il meeting di Comunione e
Liberazione a Rimini, è d’uopo invece parlare di CONFESSIONE. Matteo
Renzi ha confessato pubblicamente: di essere la prosecuzione del
berlusconismo con altri mezzi, anzi di essere la realizzazione del
berlusconismo adeguata ai tempi, cioè alla non implementazione del
berlusconismo con i mezzi di Berlusconi (l'intermezzo dei
governi-nullità Monti e Letta non merita menzione: de minimis non curat praetor).
Confessione solenne, coram populo e urbi et orbi,
che non a caso uno dei bracci armati del berlusconismo, le falangi
devote di CL e del cattolicesimo di Mammona, ha salutato canonizzando il
nuovo leader post Pd a punto di riferimento.
Che la confessione ci sia stata, e inequivocabile, si dimostra per tabulas.
Nell’immediato dopoguerra, quando il regime di Mussolini è spazzato via
dalla vittoria della Resistenza nell’ambito della vittoria militare
alleata (Roosevelt Churchill Stalin), dopo la Liberazione cui fa seguito
la Repubblica e la sua Costituzione (firmatari il comunista Terracini e
il democristiano De Gasperi, giurista di riferimento l’azionista
Calamandrei), i fascisti che vogliono combattere la Rottura e trovare i
mezzi efficaci per ristabilire una Continuità non sono i rottami
nostalgici di Salò ma quanti predicano l’ideologia delle non ideologie:
oltre sia il fascismo che l’antifascismo.
Così Renzi col berlusconismo e l’antiberlusconismo, papale papale.
Ovviamente senza la tragedia del fascismo, i morti i torturati gli
incarcerati gli esiliati … il berlusconismo non è stato il fascismo [“Fascismo e berlusconismo”, MicroMega 1/2011]
è stato “l’equivalente funzionale e postmoderno del fascismo” (ivi) e
il renzismo ne costituisce l’apoteosi effettiva (come già analiticamente
dimostrato in “Sinistra e parresia”, MicroMega 8/14).
In realtà, quando dice che ci si deve liberare del berlusconismo e
dell’antiberlusconismo Renzi ha di mira solo quest’ultimo, non c’è un
solo elemento del berlusconismo che non abbia fatto proprio e non stia
realizzando: giustizia, informazione, lavoro, riforma istituzionale, i
quattro capisaldi della lobotomizzazione della democrazia (già in crisi
da decenni di partitocrazia) tentata dal Cavaliere per antonomasia poi
Criminale qualificato. Lobotomizzazione che implica la distruzione di
tutti i contrappesi che fanno della democrazia liberale un sistema di
governo limitato: magistratura autonoma, informazione indipendente,
sindacati rappresentativi e forti, impossibilità di occupare a
maggioranza le istituzioni di garanzia.
Di fronte a questa realizzazione del berlusconismo ha però poco senso
indignarsi. È addirittura offensivo e vergognoso se a farlo sono quanti
propiziarono o subirono le stagioni dell’inciucio (si pecca egualmente
per atti e per omissioni, e più che mai per viltà). Non dimentichiamo
che la “sinistra” di establishment è stata al governo quasi otto anni in
questi ultimi venti, che pure chiamiamo giustamente “ventennio
berlusconiano”, visto che tali governi niente hanno fatto “di sinistra”
(il governo Prodi col suo pessimo ministro della giustizia si segnalò
per una persecuzione contro "Mani pulite" da far invidia al precedente
governo Berlusconi).
I pochi che invece parlarono di regime, come era doveroso vista che si
trattava di una verità fattuale, e che poi pochi non erano (oltre un
milione a san Giovanni a Roma il 14 settembre del 2002 in una
indimenticabile “festa di protesta”, ad esempio), benché da trovare col
lanternino tra intellettuali e altri “opinion maker”, anziché piegarsi
nella nostalgia dovrebbero provare a capire perché quelle straordinarie
energie che suscitarono e catalizzarono nella società civile non hanno
trovato espressione politica. Espressione politica adeguata,
che il 25% di voti al Movimento 5 Stelle è ancora l’onda lunga di
quella stagione di lotta, dai girotondi ai popoli viola alle
manifestazioni contro il bavaglio ai se non ora quando,
ma un'onda che non metterà palafitte e dunque non sarà mai alternativa
(benché in mancanza di essa resti il solo voto possibile del non
piegarsi e non mollare).
Questa riflessione abbiamo già avviato per tempo, nel numero 1/14 (dialogo con Rodotà) e nel numero 8/14 (Sinistra e Parresia), ma bisognerà tornarci, soprattutto dopo l’articolo di Rodotà su Repubblica del
25 agosto, che giustamente si scaglia contro “il risveglio tardivo dei
critici di Renzi”, ricordando che “in politica i tempi contano per chi
agisce e per chi discute” e “non basta fare la buona battaglia, bisogna
farla al momento giusto”. Bisognerà tornarci, e presto, perché riguarda
tutti noi che abbiamo combattuto Berlusconi e che quella alternativa non
abbiamo saputo o voluto costruire, o addirittura abbiamo distrutto
alternative in cantiere, malgrado ci siano state offerte parecchie
occasioni, anche nei due o tre anni più recenti.