TILC - ROMANI 7 - Aceb_PugliaBasilicata

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2006/2024 -  ANNO XVIII  17 novembre  2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
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N.T.
 


(Testo TILC)


Lettera ai Romani, Cap.: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16


LETTERA AI ROMANI
Capitolo 7


Liberi dalla Legge
 1Fratelli, voi conoscete bene le leggi e sapete certamente che la Legge ha potere sull'uomo soltanto mentre egli è in vita. 2La donna sposata, per esempio, è legata dalla Legge al marito finché egli vive. Ma se il marito muore, la donna è sciolta dalla Legge che la legava a lui. 3In base a questo principio, la donna è considerata adultera se va con un altro uomo quando il marito è ancora in vita; ma se questi muore, è libera per quel che riguarda la Legge, e non è più adultera se va con un altro uomo.
   4Qualcosa di simile accade per voi, fratelli miei. Voi siete morti nei confronti della legge di Mosè, perché siete stati uniti a Cristo nella sua morte. Perciò ora voi appartenete a colui che è risuscitato dai morti, affinché la vostra vita sia ricca di opere gradite a Dio. 5Quando infatti noi vivevamo seguendo i nostri desideri, la Legge stimolava passioni malvagie che ci facevano agire in modo da portarci alla morte. 6Ma ora siamo morti nei confronti della Legge che ci teneva in suo potere: non siamo più al suo servizio. Perciò serviamo Dio non più secondo il vecchio sistema che era fondato sulla Legge scritta, ma in modo nuovo, guidati dallo Spirito.

         Legge e peccato
   7Dobbiamo forse concludere che la Legge è peccato? No di certo! La Legge però mi ha fatto conoscere che cos'è il peccato. Per esempio, io ho saputo che era possibile desiderare cose cattive, perché la Legge ha detto: non desiderarle. 8Il peccato allora, da quel comandamento, ha preso l'occasione per far nascere in me ogni specie di desideri. Invece, dove non c'è la Legge, il peccato è senza vita; 9e io prima vivevo senza la Legge, ma quando venne il comandamento, allora il peccato prese vita, 10e io morii. Così il comandamento che doveva condurmi alla vita, nel mio caso mi ha condotto alla morte. 11Il peccato infatti ha colto l'occasione offerta dal comandamento, mi ha sedotto e mi ha fatto morire per mezzo dello stesso comandamento.
   12Di per sé, la Legge è santa e il comandamento è santo, giusto e buono. 13Quel che è buono sarebbe dunque diventato per me causa di morte? No! È il peccato che causa la morte: si è manifestato per quel che realmente è, si è mostrato in tutta la sua violenza per mezzo di una cosa buona, servendosi cioè del comandamento.

         L'uomo dominato dal peccato

   14Noi certo sappiamo che la Legge è spirituale. Ma io sono un essere debole, schiavo del peccato. 15Difatti non riesco nemmeno a capire quel che faccio: non faccio quel che voglio, ma quel che odio. 16Però se faccio quel che non voglio, riconosco che la Legge è buona. 17Allora non sono più io che agisco, è invece il peccato che abita in me. 18So infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c'è il desiderio del bene, ma non c'è la capacità di compierlo. 19Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. 20Ora, se faccio quel che non voglio, non sono più io ad agire, ma il peccato che è in me.
   21Io scopro allora questa contraddizione: ogni volta che voglio fare il bene, trovo in me soltanto la capacità di fare il male. 22Nel mio intimo io sono d'accordo con la legge di Dio, 23ma vedo in me un'altra Legge: quella che contrasta fortemente la Legge che la mia mente approva, e che mi rende schiavo della legge del peccato che abita in me. 24- 25Eccomi dunque, con la mente, pronto a servire la legge di Dio, mentre, di fatto, servo la legge del peccato. Me infelice! La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.

 
 
 
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